trio
Verde e azzurro - XIII
di Doctor_S
04.10.2023 |
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"< Credo che andrò a letto, sono un po’ stanco..."
La cena fu frugale e vivacemente conviviale. Il pranzo abbondante aveva soddisfatto ampiamente il nostro fabbisogno energetico giornaliero, tant’è vero che ci eravamo trovati tutti subito d’accordo sulla proposta di Luca di risolverla in una veloce caponata. Le risate non erano mancate e il mio “svezzamento” era stato a lungo argomento cardine della conversazione. Anna non aveva smesso di fare domande, e non solo a me. Era curiosa, affamata di dettagli, come a voler proiettare davanti agli occhi la scena anche senza averla vissuta, sedeva sul divano con le gambe piegate sotto di sé.
Rivivendo con la mente gli accadimenti del pomeriggio, ne parlavo cercando di essere critico, oggettivo, nel condividere le mie sensazioni. Nuovamente trovai particolarmente piacevole il riuscire a trasmettere, finalmente, i miei pensieri senza giudizio altrui. Iniziavo a trovarlo naturale.
Terminata la cena, dopo le solite faccende di routine, decisi di aver vissuto abbastanza emozioni per una sola giornata. < Credo che andrò a letto, sono un po’ stanco. > farfugliai sbadigliando.
< Hai ragione: è stata una giornata piena. > disse Sara, rivolgendo lo sguardo verso Luca.
< Ci vediamo su? > chiesi a Roberta.
< Sì, resto ancora un po’ qui e ti raggiungo fra poco. > mi rispose. Così salutai gli altri e salii in camera. Stanco. Mi diedi una sistemata, mi spogliai e mi infilai a letto.
Avevo già lasciato che Morfeo cullasse le mie membra, quando percepii Roberta prendere posto accanto a me. Pace.
Nei due giorni successivi il tempo trascorse lento, senza troppi colpi di scena. Il sole aveva lasciato spazio a pioggia e vento, ma non mi dispiacque più di tanto. Mi godevo la piacevole compagnia di Roberta, della quale iniziavo a cogliere ed apprezzare ogni sfaccettatura. Il suo modo di inarcare le sopracciglia quando le sfuggiva qualcosa, la spiccata ironia, la sua curiosità a tratti bambinesca. La piccola voglia a forma di cuore giusto accanto alle grandi labbra ed i capelli setosi, da accarezzare come fili d’erba in un prato primaverile. Avevo costantemente voglia di lei. E lei di me.
Avevamo preso ad esplorare, come accade spesso all’inizio di una frequentazione, le reciproche fantasie. I suoi gusti, complementari in lunga parte ai miei, spaziavano dai giochi di ruolo ai sex toys. Il classico idraulico, alle prese con guasti vari, sembrava trovarsi per lei allo stesso livello di portare un ovetto bluetooth in pubblico e la cosa mi apriva un ventaglio di opzioni da cui poter facilmente attingere. La sua innata curiosità, che l’aveva spinta a provare con me le esperienze dei giorni trascorsi, ora la spingeva a volerne provare ancora: < Stavo pensando che mi piacerebbe sentirti di nuovo lì > mi fece, buttandola un po’ sul vago.
Il maltempo dell’ultimo periodo aveva abbassato le temperature e ci aveva costretti in casa, cullati dal ticchettio rilassante delle goccioline contro la finestra. Lì, abbracciati pelle contro pelle, al riparo sotto le soffici lenzuola di cotone, non trovavo affatto spiacevole quel meteo avverso. Ci misi un po’ ad elaborare le sue parole, ma tentennavo nel trovarne il senso univocamente. < Dici di sotto, sul divano? > chiesi, dunque.
< Beh, direi ovunque basta che sia con te… In realtà parlavo dell’esperienza, non del luogo. > disse, volgendo il capo nella mia direzione per riservarmi un’occhiata maliziosa. Le ci voleva così poco, ormai, per accendere il mio desiderio.
< Ah, ora capisco. Per essere la tua prima volta, te la sei cavata molto bene devo dire. >
< Infatti sono ancora sorpresa di me stessa. Non mi aspettavo mi piacesse così tanto… Anna mi aveva detto che era appagante e che qualche volta ha anche raggiunto l’orgasmo, così mi ha prestato un dildo una volta. Il più piccolo che aveva, ma non mi è piaciuto più di tanto. > poi, poggiandomi una mano tra le gambe, continuò < E invece avevo solo sbagliato giocattolo. Questo qui mi piace molto di più, perché mi fa sentire più, non saprei… Piena, ecco. > e mi scoprì il glande ponendo l’accento su quell’ultima affermazione.
< Se dici così, arrossisco > feci, fingendo timidezza.
< Ma stai zitto! È inutile che fai il finto tonto. Anna pure la pensa come me! >.
< Su cosa? >.
< Sul fatto che hai proprio un bel cazzo, scusa il francesismo. >.
< Grazie del complimento, sua altezza! > risposi ridendo. < E che altro ti ha detto Anna, sentiamo… >.
< Non so se te lo posso dire > esitò. Poi aggiunse: < Vabbè, se non te lo dico, comunque lo verrai a sapere quando succederà: voleva essere scopata anche lei come hai fatto con me. Ha detto che non lo ha fatto sul divano solo perché era un momento “nostro” e non voleva rovinarci l’esperienza, ma crede che potrebbe piacerle se la scopassi nel culo così, come hai fatto con me. >
< E tu cosa ne pensi? Non ti farebbe strano vedermi scopare Anna? >.
< Non lo so per certo, devo dire. L’ho già immaginato, in realtà. A me piace Anna, lo sai. E mi piaci tu > e iniziò a giocare con i miei testicoli, alimentando la mia erezione < e a dirla tutta, non vedo l’ora che accada. Anche se è strano… non riesco ad essere gelosa >.
< E Fabian? Che ha detto? Lo sai che mi ha confidato che vorrebbe vederla scopare con me? >.
< Sì, Anna me l’ha detto. Pure lui sta messo bene lì sotto, ma sembra che non gli piaccia usarlo sempre. Dice che a volte vuole solo stare lì a guardare. > fece con il tono di una comare che racconta di un pettegolezzo succoso < Mi ha raccontato che una volta, per San Valentino, l’ha portata in un hotel bellissimo, con il letto a baldacchino e le poltroncine di velluto, sai, di quelli fatti bene. L’ha bendata e le ha regalato uno stripper senegalese! Uno con un coso enorme tra le gambe, che a stento riusciva a farglielo entrare tutto, ha detto. Mi ha raccontato che le sono servite due mani per tenerlo mentre glielo succhiava e non riuscivo a crederle finché non mi ha fatto vedere il video! > aggiunse cercando di quantificare con una mano il diametro mostruoso che aveva visto in quel video < Esagerato! E in tutto ciò, Fabian è stato lì tutto il tempo seduto a guardarli mentre quello se la scopava. > intanto aveva preso il suo ben collaudato ritmo con la mano, infervorata dal racconto < Ma qui il punto è: TU che ne pensi? >.
Ci avevo riflettuto a fondo. Ero esitante, ma incuriosito. L’idea mi eccitava, o forse era Roberta a farmi quell’effetto. Fatto stava che mi sentivo come se avessi dovuto scegliere di fare qualcosa di folle, adrenalinico, ma sapendo di essere in buona compagnia. Come quando da bambino mi lasciavo trasportare dall’entusiasmo dei miei amici, tuffandoci dallo scoglio più alto. < Sono curioso > risposi, mentre con le dita le stuzzicavo il seno < Non so se ne sarò capace, ma potremmo provare. Tu parteciperai? >.
Tentennò un attimo, come se l’avessi colta su qualcosa su cui non si era preparata a fondo. Mi parve di averla riportata troppo bruscamente alla realtà: < Non lo so ancora, sai? Probabilmente mi godrò la scena anche io per un po’, poi chissà… > nel frattempo scivolò sopra di me e mi guidò dentro di lei, già pronta ad accogliermi, umida e calda come piaceva a me. Avvicinò la bocca alla mia e sussurrò < Ora scopami, che poi ci pensiamo un’altra volta. >. Non me lo lasciai ripetere.
Il mattino successivo, svegliatomi presto, come un tarlo la conversazione della sera precedente mi echeggiava nella mente. La settimana volgeva quasi al termine e, sebbene ce ne fosse ancora un’altra davanti, sentivo che le opportunità di concretizzare quella fantasia andavano via via affievolendosi.
Non mi piaceva forzare le cose, lo trovavo spiacevole e innaturale, ma l’esperienza mi suggeriva di battere il ferro finché era caldo. Ed intanto che mi radevo, lasciavo alla mia immaginazione lo spazio di cui aveva bisogno per cercare una soluzione a quel dilemma.
Mi guardavo. Seguivo con attenzione il rasoio accarezzarmi la pelle. Incrociavo il mio sguardo allo specchio. Il divano di sotto ne aveva viste troppe, ormai, e sarebbe potuto risultare scontato. E poi come? Con quale pretesto? Non mi andava di andare da loro a chiedere ‘Ehi, che ne dite se scopiamo?’. Rude e totalmente anti-sesso. Al lago? Sarebbe stato interessante, se solo fosse tornato il sole. Sciacquai la lama sotto il getto del rubinetto.
No, doveva avvenire in casa. In camera? Probabile. Ma tornava sempre il problema del “perché” da accompagnare al “dove”. Non volevo nemmeno che fossero presenti gli altri, visto che in fondo si trattava di una fantasia di Fabian ed Anna e non era detto che la volessero condividere con tutti. Il che escludeva, nuovamente, il piano inferiore. Sotto la doccia? In due sarebbe anche stato appropriato, ma Fabian avrebbe potuto solo immaginare ciò che sarebbe accaduto dietro ai vetri appannati. Non sarebbe stato giusto. L’incavo della mascella era sempre difficile da radere alla perfezione, soprattutto con la poca luce che filtrava attraverso le nuvole, così mi allontanai dallo specchio per accendere la luce. Nel voltarmi, la soluzione al mio dilemma mi parve ovvia e già pronta davanti agli occhi: la vasca!
Era perfetta: grande abbastanza per accoglierci tutti e già immaginavo Fabian prendere posto comodamente sui suoi bordi in muratura. Sì! Quella doveva essere la soluzione. Soddisfatto, portai a termine la rasatura mentre un fremito di trepidazione pulsava celato appena dall’asciugamani che tenevo in vita. Non vedevo l’ora di parlarne con lui, per poter trovare il “perché” da regalare ad Anna, coinvolgendolo come complice oltre che spettatore.
Posai il rasoio. Lavai la faccia e mi asciugai. Feci per tornare in camera a vestirmi, quando la porta del bagno mi si aprì davanti di colpo. Grazia. Anche lei avvolta nell’asciugamani, con i capelli racchiusi in una coda.
< Scusami! La luce era spenta e non pensavo fosse già occupato! Ero distratta… > mi fece esitante. Poi abbassò lo sguardo sul rigonfiamento del mio asciugamani e aggiunse < Aspettavi qualcuna? > poi fece un passo verso di me < Io vado bene ugualmente? > e mi poggiò una mano giusto tra le gambe. Tastò quanto avessi da offrirle, con gusto, in tutta la mia lunghezza. Tentennò lì per un istante, soffermandosi, probabilmente, a rivivere i recenti avvenimenti. Lo sguardo fisso nel mio.
< A dire il vero, stavo per andare a fare colazione, ma… Non ho fretta > e la tirai a me premendola contro la mia erezione, stringendole il culo sodo sotto alla spugna dell’asciugamani.
< Amore, hai sentito? Andrea non ha fretta di fare colazione… Posso farla io? > disse rivolgendosi a Simone, che intanto era apparso sull’uscio alle sue spalle. Nudo.
< Tesoro, hai già mangiato ed hai ancora fame? > fece scherzoso, mentre se lo accarezzava penzoloni tra le gambe < Niente più doccia? >.
< Dopo, no? Che ci posso fare se mi piace il cazzo? Poi questo… Guardalo! Mi piace troppo! > e così dicendo, si inginocchiò davanti ai miei piedi lasciandomi cadere a terra l’asciugamani. La forza della mia erezione, ormai libera dall’oppressione, le colpì il volto sbattendole sulla guancia. Come un gesto di sfida.
Lei sorrise soddisfatta, aprì la bocca e me lo inghiottì. In unico movimento. Senza battere ciglio.
Simone, nel frattempo, si avvicinò al lavandino e prese a lavarsi la faccia come se nulla fosse. Lo guardai, poi mi concentrai su Grazia che, con foga, mi succhiava via l’anima senza staccare gli occhi dai miei. Mugugnava sonoramente, come se godesse nel farmi godere. Lungo la sua gola, fino in fondo, fino a farmi sparire completamente dentro la sua bocca. Dentro e fuori, massaggiandomi i testicoli con una mano e con l’altra me lo stringeva mentre lo leccava. Era davvero affamata. Quasi non prendeva fiato. Veloce ed irruente, lo gustava come se ne avesse dovuto reprimere il desiderio da troppo tempo, ed ora temesse di non poterne avere abbastanza. < Non preoccuparti, non scappa. > le feci, sorridendo.
Le presi la testa tra le mani e la spinsi contro di me, iniziando a scoparle la gola velocemente. La sentivo contrastare i conati, mentre si teneva stretta alle mie gambe ad occhi chiusi. Sembrava trovarci gusto, assecondando i miei affondi per farmi più spazio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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